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Soggetto sociale e individuale - Semiotica e Marketing

Soggetto individuale e soggetto sociale

Appunti per una Semiotica del Marketing. Il giudizio come deliberazione.

Il giudizio come deliberazione

06/12/2014 Commenti disabilitati su Semiotica della musica. La prova di commutazione Views: 4706 Testi

Semiotica della musica. La prova di commutazione

Prova di commutazione

Il tratto centrale dell’edificio teorico di Louis Hyelmslev è la commutazione. Essa permette di svolgere sei funzioni fondamentali tra cui quella di definire rigorosamente i sistemi semisimbolici (ZINNA, 1985). Essendo la musica un sistema monoplanare (cfr. 5. Non conformità), la prova di commutazione, in quanto capace di determinare il rapporto tra i piani e gli assi del linguaggio, perde il suo valore euristico. Tuttavia la prova di commutazione ha trovato e può trovare importanti applicazioni in musica, soprattutto, così come intesa in fonologia, quella di definire in generale i tratti pertinenti di un brano rispetto al sistema musicale cui può essere ricondotto. Per esempio il saggio di Bruno Nettl “De quelques methodes linguistiques appliques a l’analyse musicale” apparso sul numero 5 di Musique en jeu spiega come nella cultura Arrapaho la differenza tra semiminima e semiminima col punto non sia tratto pertinente, così come, nella scala costruita sul nostro modo minore, non è pertinente la differenza tra il VI grado naturale e lo stesso grado diesizzato. Vi sono poi altri esempi in cui la prova di commutazione mostra di poter individuare i tratti pertinenti e non pertinenti all’interno di repertori del sistema armonico-tonale. Ogni pianista fa inconsapevolmente prova di commutazione suonando, come si usa anche in ambito concertistico, il Clavicembalo ben Temperato di Bach, mostrando cioè come il timbro per quel repertorio possa essere considerato tratto non pertinente. Altrettanto possiamo dire riguardo ad altri parametri musicali, per esempio quando il direttore d’orchestra decide di interpretare più o meno velocemente un pezzo. E se un cantante, per esempio quando è fuori forma, può abbassare di mezzo tono o anche di un tono la tonalità di impianto di un’aria è perché anche la stessa tonalità, che pure continua a identificare con la sua denominazione tantissimi brani sinfonici e strumentali, può non essere considerata tratto pertinente nel sistema armonico-tonale temperato. Ciò che “conta”, per così dire, ciò che è pertinente (appunto) è l’intervallo, la relazione intervallare, e non l’altezza assoluta della nota poiché nel sistema temperato le relazioni tra i gradi sono caratterizzate dalle stesse differenze in Cent in ogni tonalità. Come ricorda Luca Marconi nell’introduzione a Il senso in musica, esiste un approccio funzionale agli studi musicali, come quello di Gino Stefani, orientato al riconoscimento dei rapporti tra struttura e funzione, cioè all’individuazione dei tratti pertinenti rispetto all’uso sociale, alla funzione esterna che il brano musicale soddisfa. Al mutare di un unico elemento formale di un pezzo musicale, quest’ultimo può infatti cambiare la sua funzione: per esempio, in determinati contesti, mutando il tempo veloce in lento, un certo brano cambia la sua funzione di canzone da ballo in canzone sentimentale (SYCHRA, 1948). A nostro avviso questo approccio è certamente riconducibile al procedimento di base della prova di commutazione di Hyelmslev.
Un modo di intendere e di usare la prova di commutazione in termini ancor più vicini a quelli della glossematica, per quanto impossibile in senso stretto, si verifica applicando l’approccio sintagmatico alle funzioni armoniche. Come abbiamo visto precedentemente (cfr. 2. Processo e sistema), è possibile intendere le funzioni armoniche come classi di membri che possono occupare la stessa posizione nella catena e quindi mutabili paradigmaticamente. Possiamo cioè provare a mutare accordi membri della stessa classe e vedere cosa cambi al livello funzionale-armonico. Limitando il procedimento rispetto a questo unico punto di vista è possibile provare ad individuare varianti e invarianti. In ambito classico, sembrerebbe possibile commutare al livello armonico un I con un VI grado per la funzione T (Tonica) e definire VI e I due invarianti, così come sembrerebbe possibile considerare sostituibili come delle varianti gli eventuali accordi di settima costruiti su di essi. Naturalmente la questione della conformità, soprattutto al livello di un tratto come quello armonico dal potere strutturante fortemente codificato, relativizza le considerazioni appena fatte. Tuttavia nell’ambito di alcuni specifici generi e periodi storici  il nostro approccio funzionale può risultare più efficace e motivato, come nella musica barocca, dove numerosi abbellimenti erano improvvisati, o come nella musica jazz. Nel basso continuo, cioè nell’armonizzazione che doveva riempire con un organo o clavicembalo il pezzo cantato o suonato a quattro o tre parti, le invarianti sarebbero state gli accordi di I, IV, V tanto che l’improvvisazione più peregrina poteva esaurirsi nella successione dei tre accordi e svolgere comunque la sua funzione strutturante. Siamo quindi invitati a pensare che tutti gli altri accordi ad essi sostituibili siano delle varianti. In ambito jazz il fenomeno sembrerebbe ancora più evidente. Possiamo ritrovare un brano “archetipico” della musica jazz come I got the rythm (cfr. schema armonico in 4. Combinazione e rezione) presentarsi tradotto armonicamente in decine di modi diversi con accordi derivati vari, che vanno ben oltre, per complessità, alle settime citate in precedenza, e tuttavia essere riconoscibile nella sua identità. Questo specifico esempio – che vede lo schema stravolto non solo al livello armonico ma anche al livello melodico dall’improvvisazione – ci porterebbe, ancor più che nel caso del basso continuo, a supporre che le vere varianti del sistema armonico-tonale siano gli accordi costruiti sul I, IV e V grado, “representant principaux” come li definisce Yizhak Sadai delle funzioni T, SD, D. E’ sulla base di quanto abbiamo detto che anche i rapporti sintagmatici, le relazioni di combinazione e rezione sono da noi studiati adottando la prospettiva armonico-funzionale, estendendola anche alla partizione del processo in sintagmi detti appunto funzionali (SADAI, 1986). Si dirà perciò sintagma funzionale T quella successione di accordi di Tonica e non solo di Tonica orbitanti attorno alla funzione T; si dirà sintagma funzionale SD quella successione di accordi orbitante attorno alla funzione SD e staccato tramite un salto del basso di quarta o quinta dal precedente con un accordo SD allo stato fondamentale; si dirà infine sintagma funzionale D quella successione di accordi, staccatasi dalla precedente nello stesso modo, orbitante attorno alla funzione D.

Tratto da Gianni Cresci e Luciano Menconi, I cinque tratti della struttura fondamentale del linguaggio secondo Hjelmslev. La verifica nel sistema musicale attraverso una prospettiva armonico-funzionale, Università di Bologna, 1988

1. Piano dell’espressione e piano del contenuto
2. Processo e sistema
3. Prova di commutazione
4. Combinazione e rezione
5. (Non) conformità

HJELMSLEV, Louis
1968 I fondamenti della teoria del linguaggio, Torino, Einaudi
1985 “La struttura fondamentale del linguaggio” in Versus n.43

NETTL, Bruno
1971 “Dequelques methodes linguistiques appliques a l’analiyse musicale”, musique en Jeu n.5

MARCONI, Luca
1987 Introduzione a AA.VV. Il senso in Musica, Bologna, Clueb

SADAI, Yizhak
1986 “L’application du modele sintagmatique-paradigmatique a l’analiyse des fonctions harmoniques”, Analyse musicale n.2

STEFANI, Gino
1982 La competenza musicale, Bologna, Clueb

SYCHRA, Antonin
1948 “La chanson floklorique du oint de vue sémiologique”, Musique en jeu n.10, 1973

ZINNA, Alessandro
1985 Introduzione in Versus n.43

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